Il settore degli inerti fonda la propria visione su un futuro sostenibile, affrontando le questioni della biodiversità, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua e del cambiamento climatico, come spiega la European Aggregates Association (UEPG, Unione europea dei produttori di inerti).
Gli inerti sono la sabbia, il pietrisco e la ghiaia, che formano la base dei materiali edili. Se volessimo eliminarli, lo spazio edificato crollerebbe letteralmente. Occorrono fino a 400 tonnellate di inerti per costruire una casa, 30.000 per un chilometro di strada e 300.000 per uno stadio. Due terzi degli inerti sono impiegati per la costruzione di fabbricati, mentre il rimanente terzo è suddiviso tra trasporti e infrastrutture. Il comparto europeo degli inerti produce 3 miliardi di tonnellate all’anno, con un fatturato di 20 miliardi di euro. È di gran lunga la maggiore industria estrattiva non energetica.
La maggior parte degli inerti proviene dallo sfruttamento delle cave, la restante parte è riciclata, fabbricata o proviene dall’ambiente marino. Le conseguenze in termini di impatto ambientale del settore sono importanti, perché il comparto lascia una forte impronta sull’ambiente naturale.
A novembre 2008 la Commissione europea ha reso noti alcuni programmi circa il futuro delle materie prime in Europa. L’iniziativa «Materie prime» ha lanciato un monito riguardo alla costante compressione delle aree disponibili per l’estrazione di materiali dovuta a destinazioni d’uso diverse del suolo.
L’obiettivo primario è la rete Natura 2000, con 26.000 aree protette che si estendono su oltre 850.000 km2, vale a dire sul 18% del territorio dell’UE. Le cave sono sparse in lungo e in largo perché i costi di trasporto superano il costo degli inerti. Troppo spesso un possibile sito finisce col diventare area protetta e occorre adottare decisioni difficili.