Lo si dimentica spesso ma nella loro prima fase storica i polimeri provenivano da risorse rinnovabili come dimostrano le fibre artificiali cellulosiche, il nylon 11 e le gomme naturali.
Con lo sviluppo delle tecnologie basate su risorse fossili i biopolimeri hanno progressivamente perso d’importanza fino ad avere delle quote di mercato molto basse ma negli ultimi anni sono tornati di grande attualità, sia perché biodegradabili, sia perché non dipendenti dalle logiche speculative dei materiali petroliferi.Oggi il mercato dei biopolimeri è prevalentemente concentrato in applicazioni nel settore del packaging, in particolare alimentare. Recentemente la tendenza è di sintetizzare polimeri tradizionali partendo da monomeri provenienti da risorse rinnovabili, per poter ampliare il mercato dei biopolimeri anche ad applicazioni ingegneristiche (automotive, elettrico/elettronica, costruzioni, ecc…) e a beni durevoli.
Qualche esempio. L’azienda californiana Verdezyne, impegnata nella produzione di prodotti chimici ottenuti da fonte rinnovabile, ha recentemente avviato il primo impianto pilota per la produzione di acido adipico, componente chiave del nylon 6.6 e di resine poliuretane termoplastiche.
I processi di produzione utilizzano oli vegetali non destinati al consumo alimentare. Inoltre, fa sapere l’azienda, i metodi di produzione genereranno meno emissioni di CO2 rispetto ai metodi tradizionali.
Il mercato dei prodotti realizzati con acido adipico (materiali plastici, tessuti, abbigliamento, tessili tecnici, compositi) è in crescita e quantificabili, stimano i manager di Verdezyne, in un business da 6 miliardi di dollari.
Intanto la francese BioAmber ha recentemente stretto un accordo con la società di biotecnologie Celexion LLC di Cambridge per realizzare acido adipico e altre sostanze chimiche intermedie partendo dalla produzione di acido succinico (l’acido organico del vino un prodotto secondario della fermentazione alcoolica).
Secondo l’associazione European Bioplastics il mercato dei biopolimeri è in crescita e le sue capacità produttive, a livello globale, passeranno dalle attuali 500 - 600 kton/anno alle 950 kton/anno nel 2011 fino ad arrivare a poco più di 1.400 kton/anno nel 2012/2013.